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Come funziona la visita omeopatica?

IMPARARE DALL’ERRORE: VISITA MEDICA CLASSICA

Di solito si va dal medico a causa di qualche disturbo, qualcuno ci va perché vorrebbe essere certo che tutto vada bene, in ogni caso si finisce sempre o quasi con il fare analisi ed esami vari. Siamo stati educati così. Chi va dal medico quindi si aspetta due cose. La prima consiste in degli accertamenti da fare, la seconda è la diagnosi, come vedremo chi andrà dal medico omeopata troverà qualcosa di ben diverso, ovvero una la
sorpresa. Come funziona la visita omeopatica?

Oggi ne parliamo, e senza troppi fronzoli, perché la cosa più importante è capire l’approccio della medicina omeopatica e come si applica alle nostre vite.

DIAGNOSI?

Quella della diagnosi è una fase cruciale, ovviamente temuta però allo stesso tempo agognata, perché diagnosi significa aver capito e soprattutto significa quel passaggio fondamentale che ci porta alla terapia.
E. Kant affermava:

“I medici pensano di fare molto per i loro pazienti dando un nome alle loro malattie!”.

In effetti, se ci si riflette un po’ su, dare un nome alla malattia di cui una persona è considerata affetta non solo è di per se non risolutivo, ma in molti casi potrebbe essere qualcosa di nocivo. Vi spiego perché.

Il primo problema può nascere da una diagnosi sbagliata, infatti questa eventualità significa una terapia sbagliata con tutto quello che ne può conseguire, ovvero altri possibili danni, come intossicazioni o complicazioni del quadro clinico, o ancora, interventi chirurgici non necessari. Diagnosi significa però anche inquadramento all’interno di un determinato contesto nosografico, ovvero significa in qualche modo farsi attaccare addosso un’etichetta: è quello che succede, ad esempio, in modo eclatante nei disturbi psichici specie in quelli dell’età infantile. Questa etichetta è difficile togliersela di dosso anche se le cose dovessero cambiare.

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Ma non finisce qui, perché diagnosi significa anche essere omologati nella terapia, specie oggi che le terapie procedono per protocolli. E quindi è sempre il paziente ad essere ipersensibile o a rispondere male alla terapia, mentre stranamente non è mai la terapia ad non essere adatta per il paziente.

Infine, non bisogna dimenticare il fortissimo effetto nocebo che può avere una diagnosi sul paziente. Essa infatti può cadere come una mannaia sulla persona con effetti disastrosi, credo che questa eventualità sia esperienza più o meno diretta che abbiamo avuto tutti. Quante persone abbiamo visto assumere un aspetto malato dopo una inaspettata diagnosi di tumore quando il giorno prima con lo stesso tumore il loro aspetto non lasciava
trasparire alcunché di patologico?

ACCERTAMENTI

Siamo così abituati a fare analisi ed accertamenti, che i pazienti di frequente dimenticano i loro sintomi, mentre conoscono a memoria le proprie analisi. Questo è quello a cui spesso assiste l’omeopata alla prima visita omeopatica. Il paziente si presenta con un pacco di analisi e vorrebbe che il medico le vedesse tutte “nel caso si sia dimenticato di riportare qualcosa”.

Il paziente infatti ci sa dire quale esame, dove l’ha fatto e con quale responso oltre a riportare i commenti dei vari specialisti a proposito, però quando al medesimo paziente, si chiede quali siano i propri disturbi egli, d’improvviso, deve fare uno sforzo per cercare di raccogliere faticosamente le idee (la malattia è un messaggio?).

Ci si accorge poi che la maggior parte delle persone nel descrivere i propri sintomi utilizza termini quali gastrite o ipertensione, ovvero mutua il proprio linguaggio dalla nosografia medica e questo fa si che non conosca neanche bene i propri sintomi. Non sa, infatti, ad esempio, quando questo mal di stomaco gli diviene più insopportabile, e tanto meno cosa glielo migliora o peggiora, fino al momento in cui non venga sollecitato a fare uno sforzo di memoria ed analisi sui propri sintomi. Per non parlare quando si cerca di portare il paziente oltre i propri sintomi puramente fisici, ovvero quando si porta il discorso sul piano psicologico od emotivo. In genere, a questo punto, egli si arrende perché finalmente coglie di essere giunto all’interno di un altro ambito, all’interno di un metodo terapeutico che lo invita a guardare altrove, a collaborare con il medico e con se stesso verso qualcos’altro.

UNA BELLA SORPRESA

La maggior parte delle persone arriva impreparata alla prima visita omeopatica. Per alcuni è un piccolo shock, come un pizzicotto che ci risveglia ad un grado diverso di attenzione, per altri è una felice sorpresa. Di fatto, la quasi totalità, richiama il medico il giorno dopo per riferirgli tutte le cose che nel frattempo gli sono venute in mente, e che sarebbe stato forse il caso di dire ma che non c’è stato il tempo per maturarle. Insomma, come si fosse smosso qualcosa che una volta sollecitato voglia adesso improvvisamente venire fuori. Questo è a sua volta un ottimo sintomo che testimonia come si sia già intrapreso un percorso verso la guarigione.

LA VISITA OMEOPATICA

La visita omeopatica è quindi:

  • un momento in cui si riflette sui propri sintomi;
  • si tirano le somme sul proprio vissuto;
  • si analizzano i propri disturbi confrontandosi con il medico omeopata.

Al medico omeopata interessa tutto di voi (per omeopatia a Roma e dintorni contattami senza impegno), dal colore della vostra pelle e della vostra iride, il suono dell’aria che entra nelle vostre vie aree, le vostre abitudini alimentari, così come le vostre sensazioni più profonde oltre che il vostro equilibrio familiare e sociale.

Cosa altro volete che significhi che l’omeopatia è una medicina olistica se non questo (significato dell’omeopatia)?

Cosa sono i sintomi?

Spesso accade infatti che ci si rende conto che il sintomo non è altro che la punta di un iceberg la cui radice è più spesso misconosciuta. Quante volte, ad esempio, ci si focalizza nei disturbi dei bambini piccoli, senza rendersi conto che da curare sono i genitori ovvero l’ambiente familiare?

Non capire la ragione di tanti disturbi spesso rappresenta la causa di tanti fallimenti e questo accade più spesso perché siamo stati abituati a pensare, contro ogni evidenza, che certi aspetti della nostra vita siano poco importanti come se la nostra vita fosse fatta a compartimenti stagni.
Il medico omeopata guarderà raramente le vostre analisi, e tanto meno vi affibbierà una diagnosi.

La medicina omeopatica è una medicina sintetica e non analitica, essa infatti non scompone il paziente in tante parti, in organi e sintomi, essa cerca invece quell’unità psicobiologica che sola può spiegare tutti i sintomi sia fisici che psichici sia le modalità con cui questi si esprimono alla luce del vissuto della persona in quel determinato momento. Non esiste e mai esisterà esame che potrà dirci tutto ciò, ovvero che potrà cogliere l’integrità della persona, allo stesso modo in cui non si può guardare il sole al microscopio.

Il lavoro del medico omeopata

Il medico omeopata si guarderà bene, per i motivi predetti dal dare una diagnosi al proprio paziente. Nella medicina omeopatica la diagnosi e la terapia non sono, come nella medicina tradizionale, dei momenti distinti, ma rappresentano invece un unico momento che coinciderà con la scelta del rimedio più adatto al paziente, ovvero la scelta del cosiddetto “simillimum”, cioè coinciderà con la scelta del rimedio che secondo la materia medica più si avvicinerà a coprire tutti i sintomi e le modalità espresse dal paziente a tutti i livelli.

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Quello che farà infine l’omeopata al termine della visita, sarà di dare dei consigli invitando il paziente a
focalizzare l’attenzione sugli aspetti più importanti per la propria salute in quel determinato momento. I
pazienti che si curano omeopaticamente infatti non dovranno solamente prendere il rimedio omeopatico
ma anche seguire le indicazioni fornite dal proprio medico che saranno improntate ad una igiene di vita non solo materiale.

LA RELAZIONE MEDICO PAZIENTE

Mentre per il paziente la prima visita è spesso la più significativa, per il medico è la seconda visita ad essere più importante: in quest’ultima, esso non solo verifica la correttezza della propria terapia, ma conferma anche l’idea che si è fatto del paziente e apprende nuovi elementi. Come, ad esempio, con quale energia egli risponde allo stimolo omeopatico. Perché, in fondo, la cura omeopatica è uno stimolo all’autoguarigione a cui ciascuno risponde in modo più o meno pronto.

La prima visita omeopatica, sempre suscita una sorta di elevazione dell’essere stimolando le capacità volitive e creatrici della persona. Da tutto ciò si comprende come la relazione medico paziente sia una relazione intima, unica e di come il gabinetto omeopatico sia un luogo dove lasciare sedimentare le cose, ordinarle, per poi riprendere il cammino con rinnovato vigore.

Come avete vissuto la prima visita omeopatica? Fatemi sapere cosa ne pensate!

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